domenica 27 novembre 2011

Una sfoglia vi seppellirà

Cronaca di una rivoluzione romagnola


Farina 0

Concentrazione

Supervisione

Pratica

Costanza

Perseveranza

Fantasia

Una massiccia dose di ottimismo


mercoledì 23 novembre 2011

Questo era il corridoio. Un cancello all'inizio senza un giardino dietro. Un corridoio con un tappeto rosso. Incastonata nel muro, sulla sinistra, c'era la cassa. Chiedevi i biglietti, per vedere i film. Per andare al cine. Era all'aperto, senza essere all'aperto, la cassa; allora si poteva fumare. C'era un piccolo contenitore di una spugna verde, sempre più sporca, per non leccarsi le dita prima di staccare i biglietti. Mia mamma faceva la cassiera. Nei lunghi tempi morti tra un tempo e l'altro faceva a maglia, fino a quando il direttore le ha detto che sembrava un casino. Sembra un casino, se fai la maglia, dai su valà. Valà, che patacata. Non certo solo perchè faccio a maglia, sembro forse una che sta all'ingresso di un casino? Non credo in questo ambiguo compromesso, anche se il cinema è pura prostituzione, visto in un luogo buio, in cui tutti tendono a non riconoscersi per guardare il solo oggetto del desiderio, peraltro venduto a chiunque, a un prezzo stracciato. Sempre vedere i film già iniziati, quando si finiva di staccare i biglietti, i film sempre senza gli inizi nè la fine, sempre tutto il corpo centrale, poi l'inizio di corsa, e la fine all'ultimo spettacolo, quando la cassa chiude; e tutte le persone che vengono al cinema, vengono tutti al cinema, come andare al bar la mattina, sanno che comincia in un punto e finisce in un altro, invece la cassiera si immaginava gli inizi e soprattutto la fine, quindi poteva immaginarselo decine di volte. Oggi il Supercinema di Rimini lo demoliscono, lo sventrano, l'hanno chiuso. A vederla da dietro le tende rosse questa parte centrale del film sembra che possa iniziare e finire in un altro modo. Fate entrare la cassiera, sedere al centro per allungare le gambe e potrebbe raccontarvi tutto, e per una volta potreste godervi qualcuno che vi racconta la fine del film.

mercoledì 16 novembre 2011

A tutti gli amici che sono dovuti andare, a quelli che vogliono restare, a quelli che vorrebbero stare e non possono fare a meno di andare.

mercoledì 26 ottobre 2011


traslocare v. tr. e intr. [der. del lat. locus «luogo», col pref. tras-] (io traslòco, tu traslòchi, ecc.; come intr., aus. avere). –

trasportare e collocare altrove.


Prima.
 Dopo.
Durante.

 C'è chi va.
 C'è chi resta.
Chi vuol muovere il mondo, prima muova se stesso. 
Socrate

mercoledì 5 ottobre 2011

Ho pensato ad Amanda Knox. Non ho seguito il caso passo per passo. So solo che a grandi linee un gruppo di ragazzi si è drogato, ha bevuto, ha fatto sesso, poi violentato e brutalmente ucciso una giovane ragazza di pochi anni, che meritava di esistere ancora, a quest'ora del mondo. So anche che una persona africana è stata condannata perchè ha scelto il rito abbreviato, che suona come un campanello di certa colpevolezza. Probabilmente ha confessato. Chiaramente il quadro fa pensare: un ragazzo nero  viene accusato, i due bianchi scagionati. Il processo mediatico fa apparire Amanda come gli italiani relegati nelle prigioni quando si sballano nei posti sbagliati. Ho pensato a lei, ieri mattina, dopo l'assoluzione e la scarcerazione immediata. Non so se è stata lei, e credo che sia importante per un sistema di giustizia, non condannare a grandi linee solo per avere la certezza di un colpevole. Se le prove erano insufficenti, non c'è molto da discutere. Ho pensato ad Amanda che si sveglia fuori dal carcere, sempre che sia riuscita a dormire. Il pensiero di Meredith è già là, ad attenderla a Seattle, si presenterà col giornale del mattino, qualunque sia il suo grado di colpevolezza.  Ho pensato a lei che viene accompagnata in aeroporto. All'aria blu che ha l'esterno, quanto stai tanto tempo in casa, perchè hai la febbre, o quando sei stata in ospedale per un malanno. A come il mondo sia improvvisamente un quadro allegro e anche le cose che prima lo facevano orribile diventino un gioco di burattini. Ho pensato alla sua faccia durante il decollo che la riporta in America, a casa sua. Al suo pensiero, ai suoi quattro anni di carcere. All'aereo che rolla sulla pista, il rumore, a tutti i rumori che avrà ricondotto alla porta del carcere che si apre per andare a lavorare in lavanderia. Alle ruote che staccano sulla pista, al suo camminare in quel luogo per quattro anni consecutivi aspettando che si decidesse quanti anni ci avrebbe dovuto camminare ancora. Al vuoto d'aria durante il decollo, alle parole scambiate con le compagne di cella, quattro anni di parole, di pensieri, di dubbi, sugli altri, su se stessa. Quattro anni di coscienza che ti parla, anche se non sei stata tu, di coscienza che non tace mai, che ti dice potevi stare a casa, dovevi fare due passi, avresti dovuto pensare a studiare, non far stare in pensiero tua madre che lo sai che ti vuole bene, tuo padre che lo sai i sacrifici che ha fatto per farti studiare, che tanto anche in America parlano così, i padri e le madri parlano lo stesso amore in tutto il mondo. Non ho potuto non pensarla, alle sue narici che respirano fuori, che anche se crollasse tutto, l'aereo, il cielo, le nuvole si disfacessero, il mondo continuasse a puntarle il dito, sarebbe comunque fuori, niente più orari, niente più visite, niente buona condotta. A Seattle i familiari, i debiti, i giornalisti. Non ho potuto non pensare all'ultima esecuzione di condanna a morte negli Stati Uniti. Anche lì, c'erano dubbi sulla colpevolezza. Niente aria blu, niente fuori. Le ultime parole assomigliavano ad altre lasciate da un condannato a morte in Texas. "Sono innocente, ma sono nero".
http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Comunicato_4_ottobre_2011

lunedì 16 maggio 2011

Quaderni ucraini- Igort

Igort disegna una storia dimenticata, quella dell'Ucraina, raccogliendo testimonianze di persone che hanno vissuto sotto Stalin. Nel 1932 Stalin decise di chiudere qualsiasi via di comunicazione con l'attuale Ucraina, e di ridurla alla fame per eliminare un'etnia, quella dei Kulaki, contadini abbienti della regione; Stalin voleva arrivare alla collettivizzazione di tutte le terre agricole dell'Unione Sovietica, e per questo confiscò loro tutte le terre. I Kulaki, naturalmente, si opposero aspramente, e questo provocò deportazioni di massa nei campi di lavoro e uno sterminio immondo che sfiora cifre di milioni di persone. Nel 1932 la fame era tale che le persone che svenivano per strada per mancanza di forze, il più delle volte sparivano. Era diffusa la pratica ultima e disperata del cannibalismo.

Questo genocidio non è considerato tale dalle Nazioni Unite. L'Unione Sovietica ha potere di veto sulla richiesta di riconoscimento da parte dell'Ucraina, e per questo nel 2008 la stessa ritira la richiesta.
Rimangono le testimonianze dei sopravvissuti, le fosse comuni, la rabbia e l'amarezza, e questo bel reportage disegnato da Igort, che col suo tratto poetico ci riporta una storia per ora dimenticata. Per capire, cercare, commuoversi, reagire. Consigliato.

http://www.ibs.it/code/9788804604426/igort/quaderni-ucraini-memorie-dai.html

Sulla dolce morte

Ieri in Svizzera si votava per escludere dal suicidio assistito i non residenti nel cantone di Zurigo, su diretta richiesta dell'Unione Democratica Federale e del Partito Evangelico. Tolte le basiche considerazioni sul fatto che poi ci assomigliamo tutti- fuori gli stranieri! solo noi abbiamo diritto alla dolce morte!- Zurigo, per fortuna, ha trovato la richiesta assurda e ha votato per il no. Questo significa che se un'italian*, colpit* da grave malattia, decidesse di morire prima di arrivare a soffrire terribilmente, potrebbe anche decidere di farlo, in Svizzera. Senza vergogna, assistito dai parenti tutti, in un luogo confortevole, con la musica che gli piace di più; può anche decidere di non farlo, poco prima dell'iniezione. Grazie al barbiturico, il sonno sopraggiunge nel giro di tre minuti, e nel giro di cinque si ridona il proprio corpo al ciclo biologico di morte-vita e la propria anima al Dio, esistente o inesistente, che si è pregato per una vita. Questo argomento fa inorridire molti, soprattutto i cattolici che praticano la loro crociata contro il volere dell'uomo applicato al volere di Dio; ora, senza voler entrare nella conversazione diretta con l'Altissimo, che personalmente non mi appartiene, vorrei sottolineare che per secoli la Chiesa rifiutò la scienza come pratica del demonio, e perchè si opponeva al volere divino. In effetti, l'accanimento terapeutico interviene proprio dove Dio non è riuscito a terminare. Nutre chi non può più nutrirsi, alzarsi, parlare, decidere per sè. Decide per chi ancora non giace in un sonno eterno e finalmente ristoratore che è meglio rimanere un'altra decina d'anni, fermi a pensare in un letto, a maledire quei burattini senz'anima che si muovono davanti a chi vorrebbe essere già morto ma non può, e trova che l'anima sia lungi dall'essere salvata da quegli insensibili maestri del sondino e del catetere. Trovo barbaro e medioevale questo atteggiamento che esclude l'autocoscienza e la decisione individuale. Siccome non mi sognerei mai di andare da un cattolico a dirgli come deve morire, e soprattutto vivere, non comprendo perchè la sua visione della vita e della morte debba influenzare anche la mia. Voglio poter decidere come vivere e come morire, se la mia sorte è quella di non avere un corpo che reagisce più al mio pensiero. Come si può essere liberi, se, nel caso di malattia, non possiamo dignitosamente dichiarare di voler morire, perchè nel nostro cattolico modo di vedere il mondo, non è una scelta dignitosa? No grazie, io penso che sia sufficente così, già sopportare la mediocrità di certe considerazioni, i pregiudizi per una vita, la televisione di silvio, i culi sfacciati delle moderne passeggiatrici che si spacciano per paladine della liberazione femminile, la Moratti che si mette a piangere solo a dire Milano, la parola comunista millantata per far inorridire o esultare le folle, i contratti a progetto alle cassiere dei supermercati, Fede che indica come terroristi tutti quelli che portano la barba; non ho deciso io di vivere tutto questo, in caso di malattia grave, potrò almeno decidere come morire? Zurigo, salvaci tu.